Che differenza ci sia tra una sfincia e una zeppola non lo so neanche io. So che nella Bibbia si parla di alieni, di fine del mondo e si parla di sfince. Da non confondere con la sfinge d'Egitto. Parlo delle sfince dolci. Quelle di San Giuseppe anche se lui non lo sa. La vampa e le sfince gli appartengono a sua insaputa. Gli arabi le chiamavano Sfang, ci mettevano il miele e ci hanno lasciato la ricetta; gli antichi romani le hanno chiamate sponghe. Sono dolci tipici palermitani ma ognuno ha le sue sfince. Erano un dolce povero consumato da afflitti e sconsolati.
Ora, a Palermo sono delle grosse, grosse spugne soffici dalla forma irregolare. Si sono arricchite di crema così da fare "la loro porca figura". Si mette dentro attraverso un foro tutto e di più, ricotta, zucchero, cioccolata, zuccata a dadini e granella di pistacchi, scorza d'arancia candita e in cima come "la ciliegina sulla torta" anche quella.
Alla fine nasce un dolce dal sapore vellutato e morbidissimo da cui si prende spunto, varie ed eventuali. Suo cugino, lo sfincione, gli ha copiato la morbidezza. Quando ci si sente senza forza o gonfie nella mia città diciamo - "Mi sento come "una sfincia". Senz'altro è alla sua morbidezza che facciamo riferimento anche quando imprechiamo a mò di sentenza "Stà sfincia" e sempre a parti mollicce ci riferiamo, o a cose che prima di dimensioni piccole poi si gonfiano a causa di stimolazioni esterne - quelle che noi donne non abbiamo per intenderci.